“Medicina difensiva - Sperimentazione di un modello per la valutazione della sua diffusione e del relativo impatto economico”- è il tema del workshop organizzato da Agenas, che si è tenuto l’11 novembre scorso a Roma. Nel corso dell’incontro sono stati illustrati i risultati della ricerca, che ha coinvolto nella sperimentazione del modello di rilevazione quattro Regioni (Lombardia, Marche, Sicilia, Umbria). I risultati dello studio, condotto su un campione di circa 1.500 medici ospedalieri, sono stati illustrati da Quinto Tozzi, dirigente di Agenas e coordinatore scientifico del progetto e da Massimiliano Panella dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” di Novara.
Quello della medicina difensiva è un tema di grande attualità, e assume particolare rilevanza in un momento di revisione della spesa: si tratta, infatti, di uno scenario che ha un impatto economico stimato nel 10% del totale della spesa sanitaria (9-10 mld), con un costo pro capite di 165 euro su un totale di spesa sanitaria pro capite di 1847 euro.
Dalla ricerca è emerso che il 58% dei medici intervistati dichiara di praticare la medicina difensiva e per il 93% il fenomeno è destinato ad aumentare. Le prestazioni più frequenti per cui la si pratica sono nel 33% dei casi gli esami laboratorio, sempre con il 33% gli esami strumentali, per il 16% le visite specialistiche e per il 6% il comportamento è quello di non fornire cure potenzialmente efficaci, ma ad alto rischio complicazioni. Secondo i medici coinvolti nella ricerca le cause principali sono: per il 31% la legislazione sfavorevole per il medico, per il 28% il rischio di essere citati in giudizio e per il 14% lo sbilanciamento del rapporto medico-paziente con eccessive richieste, pressioni e aspettative da parte del paziente e dei familiari.
Le risposte possibili. Secondo gli intervistati le azioni potenzialmente efficaci per ridurre la medicina difensiva sono per il 49% quello di attenersi alle evidenze scientifiche e per il 47% quello di riformare le norme che disciplinano la responsabilità professionale.
Questo è anche il parere di Amedeo Bianco presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo), intervenuto al workshop "I medici sono sotto pressione - ha specificato - La percezione dei professionisti, soprattutto rispetto alla questione giuridico legislativa è nettamente sfavorevole e coincide con quella delle assicurazioni per cui ci sono problemi: basso livello gestione rischio clinico in strutture, lunghi tempi dei processi civili che superano anche i 10 anni e per cui non si riescono a conteggiare nel tempo l'entità dei risarcimenti, che tra l'altro oggi in Italia sono largamente discrezionali". La Presidente del Collegio degli infermieri (Ipasvi), Annalisa Silvestro durante il workshop ha aggiunto "per cercare di contenere il fenomeno della medicina difensiva è fondamentale che tutti i componenti delle equipe sanitarie siano attori protagonisti nella gestione della governance . C’è tensione tra tutti gli operatori della sanità - ha ricordato la Silvestro - e fra le azioni che possono modificare la situazione c’è sicuramente il miglioramento della comunicazione tra gli operatori, sia a livello multidisciplinare che multiprofessionale.”
“Con questo progetto – ha dichiarato Francesco Bevere, Direttore generale dell’Agenas, nel presentare l’iniziativa - l’Agenzia affronta un tema controverso, quello della medicina difensiva, approntando strumenti validi alla valutazione del fenomeno in tutte le sue sfaccettature: dai fattori economici, alle cause legate essenzialmente ad una legislazione non sempre favorevole per i medici, agli aspetti emotivi del professionista sanitario. Questo aspetto della medicina costituisce un grave sintomo del profondo 'malessere', ampiamente diffuso tra i medici italiani, che genera gravi conseguenze sulla qualità e la sicurezza delle cure e delle organizzazioni. Anche in questa occasione, la ricerca di Agenas potrà rivelarsi uno strumento utile ai fini del monitoraggio della medicina difensiva, un tema che mina la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale”.
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