“Per umanizzazione s’intende quel processo in cui si deve porre il malato al centro della cura; questo concetto segna il passaggio da una concezione del malato come mero portatore di una patologia ad una come persona con i suoi sentimenti, le sue conoscenze, le sue credenze rispetto al proprio stato di salute. Si può sottolineare quindi che il processo di umanizzazione consiste sostanzialmente nel ricondurre al centro l'uomo con la sua esperienza di malattia e i suoi vissuti”: così una definizione di umanizzazione in letteratura medica.
Il tema dell’umanizzazione è stato inserito per la prima volta nel Patto per la salute 2014-2016 laddove si afferma che “nel rispetto della centralità della persona nella sua interezza fisica, psicologica e sociale, le Regioni e le Province Autonome si impegnano ad attuare interventi di umanizzazione in ambito sanitario che coinvolgano aspetti strutturali, organizzativi e relazionali dell’assistenza” e si predispone un programma annuale di umanizzazione delle cure che comprenda la definizione di un’attività progettuale in tema di formazione del personale e un’attività progettuale in tema di cambiamento organizzativo indirizzato soprattutto all’Area critica, Pediatria, Comunicazione, Oncologia, Assistenza domiciliare.
L’umanizzazione si può “misurare” ed è stato fatto da Agenas con la collaborazione della Agenzia di Valutazione Civica di Cittadinanzattiva, coinvolgendo direttamente i cittadini e le comunità locali. I risultati sono stati presentati nel corso del Convegno “La valutazione della qualità delle strutture ospedaliere secondo la prospettiva del cittadino”, svoltosi a Roma nei giorni scorsi.
L’indagine ha visto la partecipazione di 278 strutture, 286 associazioni, 594 cittadini sul territorio nazionale e ha riguardato in particolare quattro aree: i processi assistenziali e organizzativi orientati al rispetto e alla specificità della persona; l’accessibilità fisica, la vivibilità e il comfort dei luoghi di cura; l’accesso alle informazioni, la semplificazione e la trasparenza; la qualità della relazione con il paziente-cittadino. A queste si aggiungono sei focus su ambiti dell’assistenza particolarmente significativi: pronto soccorso, rianimazione, ostetricia, pediatria, multiculturalità e ospedale senza dolore.
I giudizi sono stati elaborati sulla base di 144 item che hanno composto la checklist per la valutazione partecipata ed è stata utilizzata, come metro di valutazione, una scala di punteggi da zero a dieci. La media nazionale si attesta al di sopra della sufficienza: 6,53 punti. È stato notato che i punteggi tendono verso l’alto col crescere del numero dei posti letto, infatti i numeri più alti corrispondono alle strutture con almeno 800 posti. Anche in tema di umanizzazione, come si è riscontrato nel Programma nazionale esiti, le strutture con maggiori volumi, offrono migliori performance.
Questi in sintesi alcuni valori: 6,45 per i processi assistenziali e organizzativi orientati al rispetto e alla specificità della persona; accessibilità fisica, vivibilità e comfort dei luoghi di cura 6,93; accesso alle informazioni, semplificazione e trasparenza 6,13; cura della relazione con il paziente/cittadino 6,36.
Se risulta molto buona l’accessibilità ai disabili motori, poco o niente è stato fatto per l’eliminazione delle barriere sensoriali. Molto da fare anche sul fronte della semplificazione delle modalità di prenotazione delle prestazioni: scarse infatti le alternative per il pagamento del ticket (farmacie, ricevitorie, casse automatiche presso esercizi commerciali, uffici postali, ecc.). Informatizzazione/avanzamento tecnologico: ancora rari i sistemi di condivisione telematica dei dati clinici tra strutture e medici di medicina generale e poco diffusa la possibilità di consultare online le cartelle cliniche e i referti di esami diagnostici strumentali.
Acquisita ovunque la colazione dopo le 7, mentre permane diffusamente la distribuzione della cena prima delle 19.
Le strutture sono carenti in merito all’attivazione di corsi di formazione sulla comunicazione clinica e/o sulla relazione di aiuto per gli infermieri (3,18) e per i medici (2,75). Rare inoltre le iniziative di medicina narrativa (2,20).
L’impegno nel promuovere l’umanizzazione delle cure si evidenzia, in particolare, nell’attenzione alla condizione del bambino in ospedale (7,53) e nella lotta alla sofferenza inutile, l’ospedale senza dolore registra infatti un punteggio medio nazionale di 7,85; ostetricia ottiene un 7,71. L’attenzione alle persone di diversa cultura e provenienza rappresenta un’area sulla quale le strutture dovranno sviluppare azioni di miglioramento: solo il 5,81.
Francesco Bevere, Direttore di Agenas, intervenendo al convegno ha sottolineato come lo slogan “la persona prima di tutto” debba essere il presupposto di tutti coloro che operano nella sanità. “Agenas - ha proseguito - svolgerà attività di monitoraggio dell’attuazione delle misure del Patto per la salute e, quindi, anche di quelle previste in tema di umanizzazione”. Ha confermato la volontà dell’Agenzia di considerare le persone e le associazioni che tutelano i diritti dei cittadini quali interlocutori privilegiati del cambiamento perchè “favorire la partecipazione dei cittadini alle scelte relative ai percorsi di cura permette di conoscere altri bisogni delle persone assistite, e, di conseguenza, di costruire un sistema in cui l’attenzione ai bisogni più intimi delle persone possa conciliarsi perfettamente con la necessità di assicurare un elevato livello di qualità delle cure e di appropriatezza terapeutica”.
Antonio Gaudioso, Segretario generale di Cittadinanzattiva ha evidenziato come la ricerca rappresenti un risultato importante “che crea i presupposti per rendere permanente la possibilità di una verifica periodica del grado di umanizzazione delle strutture di ricovero nel nostro Paese”.
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